Non so voi, ma a Gonnosfanadiga ci sono una quindicina di patroni,
una ventina di santi protettori e una cinquantina di feste religiose.
Per l’occasione la via principale, via Porru Bonelli, viene chiusa al
traffico.. non dei stupefacenti. Solitamente il gonnese inizia la sua
passeggiata di dieci chilometri (cinque salite e cinque discese) dalla
piazza principale. L’arrivo del gonnese è previsto mediamente intorno
alle diciassette, gli anziani soggiornano lì senza pausa pranzo, i
giovani dagli undici ai quindici anni arrivano intorno le quindici nella
speranza che le giostre siano già in funzione. Mentre i primi giovani
dai sedici ai venticinque anni arrivano al calar del sole, ma portano
comunque gli occhiali da sole onde evitare abbagli dei lampioni.
Solitamente
il primo che si incontra è il ragazzo dei palloncini. Questo individuo
ha come caratteristiche un berretto girando indietro, una giacca in
jeans, una sigaretta nella mano sinistra. Con la mano destra sfila i
palloncini gonfiati ad elio dalla struttura in ferro. Attorno a lui si
sentono pianti di bambini dai ventiquattro ai centoventi mesi. Onde
evitare piagnistei il comune di Gonnosfanadiga ha deliberato il divieto
di passaggio pedonale per bambini e genitori. Infatti potranno passare
ad almeno due cento metri di distanza e dovranno tenere una benda agli
occhi. Piena soddisfazione per nonni e genitori.
Successivamente
arriva il gruppo di uomini anziani sopravvissuti al quindici-diciotto,
alla seconda querra mondiale, guerra del Vietnam, lavoro in miniera e
governo Craxi. Essi portano un abito che varia dal grigio al verde
militare, ma anche marroni. Hanno una camminata lenta e sono disposti in
fila orizzontale occupando l’intera carreggiata, marciapiedi compresi.
Gli argomenti preferiti variano dalle guerre alla fame del
quindici-diciotto, ma gli acciacchi sono l’argomento preferito. La loro
presenza è udibile da centinaia di chilometri a causa del loro continuo
sputare catarro. Infatti dopo il loro passaggio i gonnesi si ritrovano
in un campo minato. Addirittura gli skater si divertono con delle
discese mozzafiato come uno slalom gigante. Già dalle diciannove sarà
raro incontrare questo stereotipo gonnese.
A breve
distanza la sfilata di moda delle zitelle, o meglio le quarantenni
single. Profumo eccessivo, gonna, tacchi, calze autoreggenti,
scollature. Sono loro, inconfondibili. Esse si dividono in due
sottogruppi: modelle e dinosauri. Mentre le prime sanno camminare
perfettamente sui tacchi, le seconde sembrano autentici dinosauri dalla
camminata. Infatti, secondo le voci paesane, pare che i dinosauri stanno
seguendo il corso da modelle dalle amiche. Lanciano sguardi provocanti,
quando passano loro la musica si ferma, gli uomini non fanno a meno di
guardare le over quaranta cacciatrici. I mariti dopo dieci secondi si
ritrovano con la cinquina sulla guancia destra. I papà fanno scivolare
dalle mani dei bambini le caramelle per raccoglierle successivamente e
dare una sbirciata sotto la gonne. Nel caso non fossero ancora papà o i
bambini non posseggono in quel momento caramelle ecco scivolare dalle
tasche accendini, sigarette, monete, cellulari, portafogli, chiavi
dell’auto e persino, ma raramente, bracciali in oro.
Gli uomini
single invece seguono la mandria femminile delle zitelle come il cane
del cartone animato del gatto Silvestro con la bistecca.
Al
lato della strada ci sono le bancarelle. Il classico vucumprà è
snobbato dal gonnese che, invece, preferisce ascoltare a scrocco la
musica anni sessanta o sarda del rivenditore di audiocassette. Il
rivenditore di audiocassette parla sempre in sardo. Se volete divertirvi
con lui chiedetegli se ha l’audiocassetta in blue ray dei Nirvana o di
Rihanna. Vi risponderà “ita asi pappau?” (cosa hai mangiato?).
Più
in là c’è il caddozzone. Personaggio amato dal pubblico in quanto
compositore e rivenditore di panini con wurstel, salsiccia e cipolle. Il
termine caddozzone ha una radice storica sarda, da caddozzo, sporco.
Esso è noto per la capacità di essere igienico nonostante poco prima
abbia urinato e sistemato la marmitta della paninoteca ambulante.
Inoltre ignora l’amuchina nonostante poco prima si fosse pulito il naso
con le mani e spolverato un po’ di forfora nel vostro panino. Il cliente
non bada a questi dettagli e a volte chiede il panino con un tocco di
forfora. Inimitabile e onnipresente.
A Gonnosfanadiga ogni
centodue metri trovate un bar. I bar si differenziano per i tipi di
clientela. Alle feste paesane c’è un bar che accoglie il peggio del
peggio in un unico bar della via principale. Questi individui hanno un
odore misto tra sudore accumulato da qualche giorno e birra. Dopo pranzo
sono rintracciabili anche quelli che odorano di sudore e vino. Questi
individui parlano spesso di caccia, murature e donne. Le parole “cazzo” e
“minchia” sostituiscono soggetti, avverbi, articoli e a volte, ma non
capisco come, i verbi. Immaginate instaurare un dialogo con loro. Altra
pregiatissima parola è itasinnanta, non è volgare e soprattutto non ha
una traduzione ben definita in italiano. Il tipico grezzo frequentatore
di bar è in grado anche di fornirvi tanti ingredienti per la vostra
cucina, nel loro bagagliaio potete trovare asparagi, funghi, lumache e
cicoria. I prezzi sono buoni. Ovviamente augurano a qualsiasi tipo di
donna una notte di sesso in modo grezzo e volgarissimo.
Se
fate qualche passo in avanti trovate il signore del torrone. Questo
signore è un uomo gentile e cortese, talmente buono che quando appezza
il torrone piange perché pensa di fargli del male. È l’unico in tutta la
Sardegna che ammette che il suo torrone non è di Tonara. Rarità. La
moglie è gentile quanto il marito e quando si accorge che un bambino
ruba una caramella gliela regala.
I diciottenni vanno
ancora oggi alle feste paesane nonostante il loro snobismo per tutto e
tutti. Rimangono affezionati alle feste in quanto da bambini hanno
sempre dovuto partecipare. Questi fighissimi si muovono sempre in
branco, appena uno è da solo lo vedi al telefono scrivendo un sms
classico ad un componente della propria cricca: dove sei?
Capelli
gelatinati, giubbotto gonfiato, pantaloni legati con la cinta
all’altezza del sedere, occhiali da sole e scarpe che sembrano carri
armati. Prendono a calci qualsiasi cosa si trova per terra. Anche nel
loro habitat è frequente la parola “cazzo”. Se li cercate sono al gioco
del fucile a pallini. Nonostante siano consci che il montepremi del
gioco è un pupazzo, ci lasciano cento euro al giorno e non ne ho mai
visto uno col pupazzo in mano. Inoltre sono rintracciabili anche nel
gioco del lancio del disco sul bicchiere. Non si accorgono che gli
stessi premi ci sono da vent'anni.
Infine, l’ultima
categoria delle feste paesane sono le coppiette. Camminano lentamente,
mano presa. I giovani parlano di matrimonio, gli adulti di bambini. Ogni
dieci passi si danno un bacio. L’uomo lo da’ nei pressi dei bar, la
donna nei pressi del peruviano che vende borse. Quelli con figlio/a a
carico hanno sempre la stessa posizione nei dieci chilometri. Lui spinge
il passeggino, lei guarda le bancarelle. Nel caso il bambino riesce a
camminare il papà lo porta alla bancarella delle caramelle, lei parla
con un’amica. Nel caso lui è cacciatore ogni trenta metri incontra un
compagno di caccia. E la discussione si fa’interessante, dal cinghiale
sbagliato nel novantaquattro alle cartucce fiocchi, passando per la
pernice uccisa nel lontano ottantotto. Le mogli o fidanzate invece si
scambiano il numero di cellulare per organizzare nei giorni di caccia
una tombolata tra donne.