Dicono che la colazione sia il pasto più importante della giornata,
aggiungo io: se davanti ad un buon cappuccino e una pasta calda non
affianchi l’Unione Sarda e leggi certe rassegne stampa come quella del
21 Novembre.
I soliti noti, i soliti che non hanno molte parole
produttive a disposizione e preferiscono ripetere le stesse, una parola,
una sola, congresso.
In un momento di responsabilità
nazionale dove Popolo delle Libertà e Partito Democratico si ritrovano
nella stessa zona del Parlamento, una parte minoritaria del Partito
Democratico Sardo dimentica la parola responsabilità e vira su una
parola mai letta ne sentita: congresso.
Siamo alle solite.
La maggioranza del partito sostiene il Segretario Silvio Lai e
l’esecutivo, il settantacinque percento per l’esattezza e loro, sempre
in minoranza, ripropongono la propria posizione. Non hanno
argomentazioni per confrontarsi con i civilissimi e con i militanti,
vogliono imporre le loro poche idee. Non basta che direzione e assemblea
appoggiano il segretario, fanno un blitz a Roma. In tre si presentano
da Bersani qualche settimana fa’ chiedendo il congresso al Segretario
Nazionale sfiduciando, di fatto, gli organismi dirigenti del partito
eletti con le primarie. E lo fanno dopo che hanno apposto la loro firma
nel documento di Marzo dove si chiedeva la Conferenza Programmatica (non
assemblea come scrivono a Cagliari) e il federamento del Partito
Democratico Sardo da quello nazionale.
Nel momento
migliore e più prolifico della storia del Partito Democratico dove,
finalmente per non dire era ora, si apre la discussione sui temi e sulle
idee ai civilissimi e a tutti i militanti. S’include e non si esclude,
ci si confronta su che modello di Sardegna vogliamo. E non lo fanno i
soliti noti, ma anche i soliti noti. Vedi Milis, dove a confrontarsi
c’erano coloro che hanno sempre presenziato in convegni, dibattiti e
simili. Non hanno capito che il senso della Conferenza Programmatica è
l’apertura alla società, come li chiama Pippo Civati, ai civilissimi.
E’
giunto il momento di fare una tregua nella guerra tra bande, una guerra
che ha portato l’immobilismo totale del partito da quando è stato
costituito. Senza escludere nessuno da questa responsabilità. È giunta
l’ora non di gettare le armi ma di usarle per uno scopo unico a tutti e
non a pochi. A forza di congressi abbiamo avuto la media di un
segretario l’anno e anche un commissario. Peggio di Cellino con gli
allenatori.
Per avere due righe di visibilità in un
giornale notevolmente di destra si è disposti anche a gettare fango sul
proprio partito e chiedere ciò che si può ottenere in un modo semplice:
portare settantotto firme. Forse potrebbe dare fastidio che il
regolamento per le Primarie dei Parlamentari è quasi terminato e che
sarà discusso e approvato.
E allora vi faccio un
appello, la Conferenza Programmatica non esclude nessuno e saremo lieti
di confrontarci e discutere con tutti, altrimenti proseguite il vostro
percorso, istituzionale e non, e dateci la serenità per portare al
termine questo percorso democratico.