23/11/11

I soliti noti

Dicono che la colazione sia il pasto più importante della giornata, aggiungo io: se davanti ad un buon cappuccino e una pasta calda non affianchi l’Unione Sarda e leggi certe rassegne stampa come quella del 21 Novembre.
I soliti noti, i soliti che non hanno molte parole produttive a disposizione e preferiscono ripetere le stesse, una parola, una sola, congresso.

In un momento di responsabilità nazionale dove Popolo delle Libertà e Partito Democratico si ritrovano nella stessa zona del Parlamento, una parte minoritaria del Partito Democratico Sardo dimentica la parola responsabilità e vira su una parola mai letta ne sentita: congresso.

Siamo alle solite. La maggioranza del partito sostiene il Segretario Silvio Lai e l’esecutivo, il settantacinque percento per l’esattezza e loro, sempre in minoranza, ripropongono la propria posizione. Non hanno argomentazioni per confrontarsi con i civilissimi e con i militanti, vogliono imporre le loro poche idee. Non basta che direzione e assemblea appoggiano il segretario, fanno un blitz a Roma. In tre si presentano da Bersani qualche settimana fa’ chiedendo il congresso al Segretario Nazionale sfiduciando, di fatto, gli organismi dirigenti del partito eletti con le primarie. E lo fanno dopo che hanno apposto la loro firma nel documento di Marzo dove si chiedeva la Conferenza Programmatica (non assemblea come scrivono a Cagliari) e il federamento del Partito Democratico Sardo da quello nazionale.

Nel momento migliore e più prolifico della storia del Partito Democratico dove, finalmente per non dire era ora, si apre la discussione sui temi e sulle idee ai civilissimi e a tutti i militanti. S’include e non si esclude, ci si confronta su che modello di Sardegna vogliamo. E non lo fanno i soliti noti, ma anche i soliti noti. Vedi Milis, dove a confrontarsi c’erano coloro che hanno sempre presenziato in convegni, dibattiti e simili. Non hanno capito che il senso della Conferenza Programmatica è l’apertura alla società, come li chiama Pippo Civati, ai civilissimi.

E’ giunto il momento di fare una tregua nella guerra tra bande, una guerra che ha portato l’immobilismo totale del partito da quando è stato costituito. Senza escludere nessuno da questa responsabilità. È giunta l’ora non di gettare le armi ma di usarle per uno scopo unico a tutti e non a pochi. A forza di congressi abbiamo avuto la media di un segretario l’anno e anche un commissario. Peggio di Cellino con gli allenatori.

Per avere due righe di visibilità in un giornale notevolmente di destra si è disposti anche a gettare fango sul proprio partito e chiedere ciò che si può ottenere in un modo semplice: portare settantotto firme. Forse potrebbe dare fastidio che il regolamento per le Primarie dei Parlamentari è quasi terminato e che sarà discusso e approvato.

E allora vi faccio un appello, la Conferenza Programmatica non esclude nessuno e saremo lieti di confrontarci e discutere con tutti, altrimenti proseguite il vostro percorso, istituzionale e non, e dateci la serenità per portare al termine questo percorso democratico.