Con forza e prepotenza mi rivolgo alla società e a due generazioni, quella dei genitori e quella del ragazzo. Un suicidio è un omicidio più doloroso e più lungo, il suicidio è un omicidio durato per troppo tempo e in tutti i giorni. Questo ragazzo, così giovane, è stato ammazzato ogni giorno di solitudine e di derisione. Alla fine si è suicidato gettandosi dal balcone, un volo di libertà per scappare da quella gabbia di insulti e di invisibilità.
Sono omosessuale, nessuno capisce il mio dramma e non so come farlo accettare alla mia famiglia.Questa è la società che fa vivere l'omosessualità come un dramma. Nessuno gli ha detto che essere omosessuali non è un dramma, che c'è bisogno di gente che vuole bene e non di gente che odia. Nessuno gli ha detto che la sessualità è una roba personale e intima, che nessuno la sessualità se la sceglie, no. Nessuno gli ha detto che la sessualità degli altri non è un'opinione. Nessuno gli ha detto che la sua famiglia ogni giorno lo ammazzava e che alla fine lui sarebbe scappato per sempre.
È fuggito via dall'odio, dall'incomprensione e dall'indifferenza. È scappato dalla vita, da una vita che poteva regalargli tante soddisfazioni e forse l'amore di un altro quattordicenne che avrà una famiglia e degli amici che accettano la sua sessualità.
Questa è l'omofobia nascosta, quella non denunciata perché non esiste neanche una legge contro l'omofobia. Un'altra vittima di omofobia. Un altro giovane, poco più che bambino, che ha preferito morire piuttosto che vivere in mezzo all'odio e alla derisione.