17/08/12

Noi Italiani 100 anni fa in America.


"Non amano l'acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro."

Relazione dell'Ispettorato per l'Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912

Ilda non vuole fare il panda.

In una bellissima intervista la mia carissima amica e compagna Ilda Curti racconta il rapporto tra la donna e la politica.
C'è una risposta in particolare che mi è piaciuta.
Ho passato la vita da militante, donna e contraria alle quote. Ho sempre provato fastidio per un tema che mi sembrava nascondesse protezionismo, vittimismo, riserva per animali in via di estinzione, qualche volta alibi per mandare avanti anche chi non se lo meritava fino in fondo. Lo spazio non si concede ma si prende attraverso le cose che si fanno, si pensano e si dicono. Oggi ho una posizione più sfumata e meno netta. La mia generazione deve alle sorelle maggiori e alle madri la battaglia per l'affermazione delle pari opportunità, dei diritti e dell'emancipazione. Sono le nostre madri che non potevano accedere ai concorsi in magistratura, nella polizia di Stato, o ad altre professioni che si pensavano maschili. Noi siamo cresciute con l'idea che studiare, essere brave, impegnarsi sarebbe stato sufficiente per avere in mano il mondo. E la fregatura non l'abbiamo capita subito. Le donne sono spesso più brave, ci mettono tigna per allenarsi ma sono le gare che non funzionano. Se, a fatica, la società è lentamente cambiata, la politica molto meno. 
E mette in chiaro una cosa giustissima:
Il tema è come la politica seleziona la classe dirigente, quale peso dà al merito. Le quote sono rappresentanza statistica di un target di popolazione, sono umilianti e dicono poco. Se, invece, sono una forzatura per far scattare la scintilla del cambiamento, allora parliamone. Siccome non basta il lento e talvolta ipocrita modo di cooptare figurine nell'album della rappresentanza (la donna, l'operaio, l'imprenditore, il giovane...) allora forziamo, anche con le quote, e apriamo il mondo dei partiti alle persone, non ai target di popolazione. Se invece le quote rappresentano il politically correct di un sistema che non sa cambiare se stesso, no grazie. Non ho voglia di fare il panda. 
Aggiungo io, ma se dovessimo davvero rappresentare l'intera popolazione tramite percentuali e target, spiegatemi come si fa a mettere dentro anche il 10% di gay, il 14% di fumatori di marijuana, le giuste percentuali dei tifosi di Juve, Milan, Inter, Napoli, ecc, gli amanti dell'horror e gli amanti dei romanzi. Insomma non è così che si rappresenta la popolazione. L'ideale sarebbe essere scelti dai cittadini e rappresentare tutti, non se stessi, né il territorio di appartenenza, né il proprio elettorato.

E forse la stessa società deve ancora mutare, perché quando una compagna avverte "oggi non posso venire, devo stirare e preparare la cena" allora c'è ancora qualche problema, in famiglia.