E di questo siamo tutti responsabili, a partire dalle candidature, sempre a maggioranza maschile, sino ad arrivare all'auto-convincimento che non siamo un Paese per donne.
E non siamo un Paese per giovani, e non sappiamo valorizzare e includere le minoranze. C'è un lavoro culturale da fare. Un lavoro che il resto d'Europa e dei Paesi civilizzati ha affrontato anni fa, ma noi siamo lenti e non raggiungiamo mai risultati migliori.
Siamo quel Paese dove quando c'è una riunione politica le donne non vi partecipano, vuoi perché l'orario è solitamente indecente per chi tiene famiglia, vuoi perché siamo quelli che la donna deve cucinare e stirare mentre l'uomo si preoccupa dell'altro. E non ci sta scritto da nessuna parte che l'uomo deve trovare il pranzo pronto e la camicia stirata quando rientra dal lavoro, ma siamo abituati male. Così.
Queste sono le verità. Ci saranno anche famiglie che funzionano diversamente, ma i partiti devono innanzi tutto pensare a come agevolare la partecipazione politica delle donne. Penso, per esempio, a Tempo di Svolte (per chi non lo sapesse, è un incontro autogestito da persone di centrosinistra qualche domenica fa) dove ci siamo attrezzati di un'animatrice che si è occupata dei bambini mentre le mamme facevano politica.
Quindi dobbiamo fare un lavoro culturale sul concetto nuovo di famiglia, agevolare la partecipazione delle donne nella politica (perché se arrivano al 10% rispetto agli uomini in una qualsiasi riunione di partito è già tanto) e candidare le donne. Dicono che dietro a un grande uomo c'è sempre una grande donna. Dietro a una grande donna c'è sempre un uomo che sappia cucinare una pastasciutta e sappia stirare una camicia, aggiungo io.
Ma tornando alla votazione di ieri, i consiglieri regionali non hanno saputo guardare in faccia le tante donne sarde. Perché siamo giunti a questo livello, creare una riserva indiana per le donne. E nemmeno questo siamo riusciti a fare. Ma cosa vi aspettavate da partiti che, se andava bene, hanno candidato alle scorse regionali due donne su sette per circoscrizione? Questa è la verità. Quest'assemblea regionale non è lo specchio della società sarda ma dei partiti, dove le donne - come detto prima - se raggiungono il 10% rispetto agli uomini è già tanto.
Un voto segreto per uno scandalo mezzo annunciato. E lo dico senza peli sulla lingua, Mario Diana è stato il promotore dell'intero consiglio regionale. E' stato lui a chiedere il voto segreto ma penso che non lo chiedesse per lui, bensì per l'intera assemblea. Perché nessun partito si poteva spaccare su questo, perché sapevano benissimo che i favorevoli e i contrari (chi più e chi meno) stavano in tutti i gruppi.
Non mi interessa trovare i nomi dei contrari. Non cambierebbe nulla e soprattutto nessuno può dimostrare nulla. Nessuna caccia all'uomo, semmai caccia alla donna ma come una caccia al tesoro. Trovare le donne da candidare e sensibilizzare la società e i partiti per raccontare una società e una politica diversa e moderna. Dove le donne non hanno legittimi impedimenti per fare politica, dove dietro grandi donne ci siano uomini in grado di cucinare una pastasciutta. Perché la parità di genere prima di tutto deve essere nella quotidianità.
Nel mentre lavoriamo anche sull'abolizione del voto segreto visto che i consiglieri non hanno una vera e propria maschera quando entrano in consiglio regionale. E soprattutto perché dobbiamo tornare a essere Regione Autonoma della Sardegna, visto che da ieri siamo Ragione Anonima della mezza Sardegna (visto che le donne che sono più della metà della popolazione non ci sono).