Studiando e approfondendo il discorso del costo della
politica, mi sono imbattuto sul discorso del rimborso elettorale.
Si narra tra molti che un Referendum aveva abolito il
finanziamento ai partiti. È bene ricordare che ci sono due sistemi di
finanziamento pubblico ai partiti, il finanziamento pubblico e il rimborso
elettorale. Il referendum ne ha fatto cadere solo uno, mentre l’altro è rimasto
in piedi. Nulla di illegale e di sconvolgente, tanto che la maggior parte dei
Paesi (anche quelli sottosviluppati) erogano soldi pubblici ai partiti.
Quindi abbiamo due grossi problemi: il costo del rimborso
elettorale e la gestione dei soldi da parte dei partiti.
Innanzi tutto dobbiamo trovare una congrua somma a un
parametro economico o socioeconomico. Per esempio, la disoccupazione o il Pil.
Prendiamo come esempio il Pil, con tutti i suoi difetti ma rimane un esempio.
Diciamo chiaramente che la quota per il rimborso elettorale è pari allo 0,003%
del Pil. Supponiamo, sempre dimenticando i dati reali, che questa cifra ammonta
a 100 milioni di euro.
Ora che c’è la torta va divisa. In che modo? Seguendo le percentuali del risultato
elettorale con una soglia di sbarramento dell’1%. Quindi più la politica
gestirà male la cosa pubblica e meno rimborsi elettorali ottiene.
L’altro punto è la gestione dei soldi da parte dei partiti. Innanzi
tutto si devono regolarizzare i partiti. Devono avere uno statuto e le regole
devono essere uguali per tutti i partiti. Dall'elezione degli organismi
dirigenti fino alle cause che possono portare l’espulsione di un iscritto.
Inoltre i bilanci devono essere certificati dalla Corte dei
Conti e le fatture devono essere tutte pubbliche, nessuna esclusa. I bilanci
devono essere online e consultabili da tutti. Le pene devono essere pesanti, il
carcere è una misura obbligatoria.
Sarà inoltre vietato ricevere denaro da privati superiore ai
500 euro anche se il pagamento è tracciabile. Una seconda donazione è possibile
solo in campagna elettorale ma deve essere inferiore alla metà della prima
donazione.
Misure stringenti e trasparenza. È impensabile che una
democrazia possa rinunciare ai partiti finanziati pubblicamente. Si pensi agli
Stati Uniti dove le lobby fanno a gara nel finanziare i partiti per ottenere
favori e scudi in cambio. Si pensi alle lobby delle armi, per esempio.
Il Brasile, grande forza economica emergente, vieta i
finanziamenti privati ai partiti.
La democrazia ha i suoi costi, in Italia sono troppi e vanno
tagliati, ma bisogna stare attenti a cosa si taglia perché la politica non può
diventare roba per pochi, ricchi.