Novecento di Baricco è stato il mio libro letto. Un bellissimo libro che coinvolge e che fa' innamorare della lettura il lettore. Un libro da esordio, piccolo, leggero.
Ogni lettore vede ciò che vuole in un libro. Prendiamo, per esempio, la storia del Titanic. I romantici hanno seguito con più attenzione la storia d'amore tra i due protagonisti, gli ingegneri hanno osservato come è naufragato il Titanic, mentre i sociologi le differenze tra le classi sociali.
In un questionario che ho compilato qualche settimana fa' mi è stato chiesto se mi sentissi prima italiano, sardo o europeo. Risposi sardo. E da sardo che voglio raccontarvi cosa ho voluto leggere in Novecento di Baricco.
Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento è stato abbandonato pochi giorni
dopo la nascita sul pianoforte della sala da ballo di prima classe sul piroscafo Virginian. Venne trovato da un marinaio di colore che lo adottò. Nessuno sapeva dell'esistenza di questo bambino, come un'automobile mai immatricolata. Otto anni dopo, il giovane marinaio morì e Novecento a soli otto anni si ritrovò per la seconda volta orfano. Fece già una cinquantina di volte l'avanti e indietro dall'America all'Europa. Il comandante tentò di portarlo in un orfanotrofio, ma lui rimase nascosto per ventiquattro giorni, sin quando un giorno si udì il suono del pianoforte di prima classe, dove stavano radunati passeggeri ed equipaggio che ascoltavano meravigliati la musica del bambino misterioso. Da qui iniziò la sua carriera da pianista, pianista da mare. Non è mai sceso dal piroscafo, ci provò una volta ma si fermò a metà della scaletta. E disse:"...un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono
88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. TU, sei
infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro
sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere."
Poi aggiunge ricordando quel giorno, quando tentò di abbandonare la nave
e l'oceano per trasferirsi sulla terra ferma: "Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi, che non finiscono mai... è
questa la verità, allora su quella tastiera non c'è musica che puoi
suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il
pianoforte su cui suona Dio."
Immaginate noi sardi, noi in un'immensa nave, la Sardegna. Noi nel nostro piccolo. Nel nostro piccolo, o quasi piccolo, paese. Noi che abbiamo il panettiere di fiducia, noi che sappiamo dove cresce il porcino, dove cresce l'asparago. Noi che andiamo nella solita spiaggia. Noi che viaggiamo da un paese all'altro senza navigatore. Noi che il sole lo nasconde solo la montagna più alta.
E penso che ognuno di noi si è sentito spaesato il primo giorno fuori dalla Sardegna. Immaginate quelle grandi città con quell'odore terribile, con il sole nascosto dal grattacielo. Quelle città dove un panettiere vale l'altro, dove il barbiere più bravo è quello che costa di più. Quelle città dove il porcino lo compri surgelato e l'asparago è così grosso e lungo che non sembra un asparago. Noi abituati a vedere le piante di fico d'india al bordo delle strade, noi che sappiamo che la pietra del muretto a secco non si può toccare. Noi che se ti giri a sinistra vedi un gregge di pecore pascolare e se ti giri a destra vedi lo stessa immagine vista quando ti sei girato a sinistra.
Ne siamo tutti convinti, lo sappiamo, che il nostro seggiolino giusto è questo. E' quello della Sardegna. Un pianoforte con un numero limitato di tasti. Ma in quel seggiolino, forse, non si è mai seduto un bravo pianista.. anche se la nave continua a galleggiare. Già a galleggiare, senza mai navigare.