06/07/11

Houston, we've had a problem! - di Thomas Castangia -

Dopo aver letto una decina di note e qualche centinaio di commenti sul web ho deciso di provare ad affrontare il tema da un punto di vista diverso.
La discussione che ieri si è scatenata sul web in seguito all'astensione del PD sul voto sull'abolizione delle Province ha portato a galla una serie di temi che voglio provare ad esaminare.
Non credo che il tema centrale possa essere la credibilità della proposta dell' IDV o il suo presunto intento provocatorio. Come in maniera puntuale ricorda Civati “il voto disastroso di oggi è la dimostrazione plastica che è ora (anzi, era ora un anno fa, almeno) che il centrosinistra si trovi intorno a un tavolo. E concordi le scelte che hanno una qualche rilevanza nell'opinione pubblica e nel nostro elettorato: ed è esattamente il caso del voto di oggi.” Ben venga l'analisi di Sarrubi ma qualcuno mi spiega perchè ancora oggi non esiste una proposta del PD su questo tema discussa nel partito ? Qualcuno mi sa dire perchè non si è tentato di costruire insieme ad IDV e SEL una proposta organica e condivisa? Io sinceramente non capisco come mai non si riesca mai ad essere chiari e netti “Le province le vogliamo superare? Non possiamo presentare un testo condiviso, accidenti? Dobbiamo farci dare le pagelle dai quei rivoluzionari del Terzo Polo? “ Il rischio vero è proprio quello sottolineato da Civati “Altrimenti, lo schema è quello di sempre: un centrosinistra diviso, che si scambia accuse. Alcuni passano per burocrati conservatori, altri per qualunquisti inclini alla demagogia. “
Entrando nel merito del tema come giustamente ricorda Stella “Soppresse già alla Costituente dalla Commissione dei 75, ma resuscitate dall'Assemblea in attesa delle Regioni, le Province avevano quella data di scadenza: il 1970. Ma quando le Regioni arrivarono, Ugo La Malfa invocò inutilmente la soppressione dei «doppioni»: il Parlamento decise di aspettare il consolidamento dei nuovi enti. Campa cavallo... Quarant'anni dopo, non c'è occasione in cui il problema non sia affrontato con il rinvio a un «ridisegno complessivo», a una «riscrittura delle competenze», a una «grande riforma» che tenga dentro tutto. “ Non credo sia più tempo di rinvii!
Sarebbe il caso di sintonizzarsi con il paese reale e capire che su alcuni temi la classe dirigente deve dare segnali chiari e netti in tempi brevissimi.
Nel 2009 Massimo Donati riesce a far calendarizzare la discussione alla Camera si approvo una delibera dove si diceva “che la riforma degli enti locali era «urgente e necessaria al fine di rimuovere la giungla amministrativa e di ridurre i costi della politica», denunciava la «proliferazione di innumerevoli enti» e «un intreccio inestricabile di funzioni che genera inefficienza e rende difficile la decisione amministrativa» e rinviava tutto al sorgere del mitico sole dell'avvenire berlusconian-federalista. E cioè alla «imminente presentazione di un disegno di legge recante la Carta delle autonomie locali».”

 “Da allora sono passati, inutilmente, altri due lunghi anni e mentre la crisi azzannava i cittadini, gli artigiani, le piccole e grandi imprese causando crolli apocalittici, disperazione e suicidi, i palazzi del potere davano qui una sforbiciatina del tre per cento, lì del tre per mille. E quelle epocali riforme che dovevano ridisegnare tutto per restituire al Paese la forza, l'efficienza, la stima in un classe dirigente credibile, tutte cose necessarie per affrontare questi tempi bui, dove sono? Sempre lì torniamo: taglia taglia, hanno tagliato i tagli. “

Ora il rischio vero è quello che anche tutti gli argomenti seri risultino svuotati da decennali bla-bla e perdite di tempo.

Mi pare chiaro dunque che come scrive il Post “Sulla sbrigativa proposta dell’IdV ieri non ci si giocava solo l’abolizione delle province, pure benemerita anche in forme da perfezionare. Ci si giocava quel poco di credibilità che la politica potesse avere mantenuto sul tema, e su quello dei costi di se stessa, e degli sprechi: e il PD si giocava un’occasione per dare concretezza alla rinnovata immagine di sé uscita dai risultati elettorali, proprio mentre l’inchiesta Pronzato rischia invece di complicargli le cose. Non è demagogia, è comunicazione con gli elettori, rassicurazione sulle proprie buone intenzioni: a meno di non avere il coraggio di dire esplicitamente agli elettori “noi le province le vogliamo mantenere”. Ma se il vento è davvero cambiato, sarebbe il caso di girare le vele.

Thomas Castangia. Segretario PD Provincia Cagliari.