03/03/13

Rimborsi elettorali.



Studiando e approfondendo il discorso del costo della politica, mi sono imbattuto sul discorso del rimborso elettorale.
Si narra tra molti che un Referendum aveva abolito il finanziamento ai partiti. È bene ricordare che ci sono due sistemi di finanziamento pubblico ai partiti, il finanziamento pubblico e il rimborso elettorale. Il referendum ne ha fatto cadere solo uno, mentre l’altro è rimasto in piedi. Nulla di illegale e di sconvolgente, tanto che la maggior parte dei Paesi (anche quelli sottosviluppati) erogano soldi pubblici ai partiti.

Quindi abbiamo due grossi problemi: il costo del rimborso elettorale e la gestione dei soldi da parte dei partiti.
Innanzi tutto dobbiamo trovare una congrua somma a un parametro economico o socioeconomico. Per esempio, la disoccupazione o il Pil. Prendiamo come esempio il Pil, con tutti i suoi difetti ma rimane un esempio. Diciamo chiaramente che la quota per il rimborso elettorale è pari allo 0,003% del Pil. Supponiamo, sempre dimenticando i dati reali, che questa cifra ammonta a 100 milioni di euro.
Ora che c’è la torta va divisa. In che modo?  Seguendo le percentuali del risultato elettorale con una soglia di sbarramento dell’1%. Quindi più la politica gestirà male la cosa pubblica e meno rimborsi elettorali ottiene.
L’altro punto è la gestione dei soldi da parte dei partiti. Innanzi tutto si devono regolarizzare i partiti. Devono avere uno statuto e le regole devono essere uguali per tutti i partiti. Dall'elezione degli organismi dirigenti fino alle cause che possono portare l’espulsione di un iscritto.

Inoltre i bilanci devono essere certificati dalla Corte dei Conti e le fatture devono essere tutte pubbliche, nessuna esclusa. I bilanci devono essere online e consultabili da tutti. Le pene devono essere pesanti, il carcere è una misura obbligatoria.
Sarà inoltre vietato ricevere denaro da privati superiore ai 500 euro anche se il pagamento è tracciabile. Una seconda donazione è possibile solo in campagna elettorale ma deve essere inferiore alla metà della prima donazione.

Misure stringenti e trasparenza. È impensabile che una democrazia possa rinunciare ai partiti finanziati pubblicamente. Si pensi agli Stati Uniti dove le lobby fanno a gara nel finanziare i partiti per ottenere favori e scudi in cambio. Si pensi alle lobby delle armi, per esempio.
Il Brasile, grande forza economica emergente, vieta i finanziamenti privati ai partiti.
La democrazia ha i suoi costi, in Italia sono troppi e vanno tagliati, ma bisogna stare attenti a cosa si taglia perché la politica non può diventare roba per pochi, ricchi.