31/05/13

Non ho paura della democrazia, ho paura per la democrazia.

In una discussione su Facebook, il noto giornalista Marco Esposito afferma che nel caso si svolgesse un referendum per abolire il finanziamento pubblico vincerebbe il Sì. Poi mi chiede se ho paura della democrazia.

Premesso che il finanziamento pubblico ai partiti venne abolito con un referendum di circa venti anni fa, rimase in piedi un'altra forma di finanziamento pubblico legato alle spese elettorali e al risultato ottenuto nelle votazioni. Se si svolgesse un referendum per chiedere l'azzeramento delle indennità a tutti i politici (dal presidente della Repubblica al consigliere comunale del più piccolo comune d'Italia) c'è qualche dubbio sull'esito del referendum? Il referendum non è l'unica forma democratica esistente in questo Paese, anche perché gli stessi referendum possono minare la democrazia stessa del Paese come accadrebbe se si portassero al voto gli italiani su un tema del genere.

Io non ho paura della democrazia, ho paura per la democrazia. Il finanziamento pubblico, e non il rimborso elettorale, è una tutela della democrazia. Perché vorrei che alzasse la mano uno del PD, della Lega, di Sel, di Lista Civica o degli altri partiti che versa al partito ogni anno 15 milioni di euro. Solo Berlusconi. E questo non è normale in una democrazia.

Nessuno ha mai pensato però di regolamentare il finanziamento privato ai partiti. Perché è inaccettabile che in una democrazia esistano le donazioni private ai partiti e non esiste una legge sul conflitto di interessi, per esempio.

La democrazia deve essere una cosa di tutti e il finanziamento pubblico aveva un senso per questo motivo, ossia che la politica non diventasse una cosa per pochi. Si pensi che mentre noi svolgevamo il referendum per chiedere l'abolizione dei finanziamenti pubblici, la Svezia introduceva lo stesso sistema di finanziamento per tutelare la democrazia.

Oggi che noi stiamo abolendo anche il rimborso elettorale, il Brasile ha abolito da qualche mese il finanziamento privato ai partiti.

L'incredibilità di questa legge che si sta portando al voto è che ora i partiti saranno messi in competizione con tantissime associazioni umanitarie che del 5xMille ne fanno la loro risorsa più grande. Ma soprattutto come si può pensare che in un momento di così grande disaffezione alla politica i comuni cittadini possano pensare minimamente di donare qualche euro ai partiti?

Qualcuno in questo momento starà pensando che si tratta di incentivare la politica a fare meglio, in modo tale che i cittadini siano incentivati anche loro a donare il 2xMille o qualche euro ai partiti. Pensate male, perché ora i partiti saranno spinti a cercare grossi finanziamenti privati e quindi a tutelare una sola classe sociale.

Se prendiamo in esame i finanziamenti privati ricevuti da Matteo Renzi per la sua campagna elettorale si può notare che i piccoli finanziatori (sino ai 100 euro) hanno racimolato meno di un terzo di quello che ha versato Davide Serra, uomo della grande finanza. La domanda sorge spontanea, è pensabile che Renzi, se fosse diventato Premier, avrebbe disturbato la grande finanza? Per essere bipartisan si pensi ai fratelli Riva che finanziarono Bersani. E la domanda sarebbe la stessa.

Tutto questo odio verso i finanziamenti pubblici ai partiti deriva dal fatto che ci sono stati politici che di quei soldi ne hanno fatto un po' quello che hanno voluto. Ultimi casi, Lusi e Fiorito.
Ma se seguissimo questo ragionamento, se un chirurgo sbaglia l'operazione ad un paziente chiudiamo l'ospedale? O lo facciamo diventare privato?

Ecco, sarebbe servito un ragionamento diverso. I problemi sono certamente due di quel sistema di finanziamento pubblico, l'eccesso di denaro e la mancanza di trasparenza.
Cose risolvibili e utili per salvaguardare la politica e la democrazia. Come avevo scritto tre mesi fa:
Innanzi tutto dobbiamo trovare una congrua somma a un parametro economico o socioeconomico. Per esempio, la disoccupazione o il Pil. Prendiamo come esempio il Pil, con tutti i suoi difetti ma rimane un esempio. Diciamo chiaramente che la quota per il rimborso elettorale è pari allo 0,003% del Pil. Supponiamo, sempre dimenticando i dati reali, che questa cifra ammonta a 100 milioni di euro.
Ora che c’è la torta va divisa. In che modo?  Seguendo le percentuali del risultato elettorale con una soglia di sbarramento dell’1%. Quindi più la politica gestirà male la cosa pubblica e meno rimborsi elettorali ottiene.
L’altro punto è la gestione dei soldi da parte dei partiti. Innanzi tutto si devono regolarizzare i partiti. Devono avere uno statuto e le regole devono essere uguali per tutti i partiti. Dall'elezione degli organismi dirigenti fino alle cause che possono portare l’espulsione di un iscritto.

Inoltre i bilanci devono essere certificati dalla Corte dei Conti e le fatture devono essere tutte pubbliche, nessuna esclusa. I bilanci devono essere online e consultabili da tutti. Le pene devono essere pesanti, il carcere è una misura obbligatoria.
Sarà inoltre vietato ricevere denaro da privati superiore ai 500 euro anche se il pagamento è tracciabile. Una seconda donazione è possibile solo in campagna elettorale ma deve essere inferiore alla metà della prima donazione.

Misure stringenti e trasparenza. È impensabile che una democrazia possa rinunciare ai partiti finanziati pubblicamente. Si pensi agli Stati Uniti dove le lobby fanno a gara nel finanziare i partiti per ottenere favori e scudi in cambio. Si pensi alle lobby delle armi, per esempio.
 Ripeto, non ho paura della democrazia, ho paura per la democrazia.