08/08/12

La penna rossa, bianca e verde.

Ricordo ai tempi delle scuole elementari i segni rossi sul tema. A ogni tema diminuivano e sicuramente erano costruttivi.
Quei segni rossi però aumentavano fuori dalla scuola. I genitori ma anche i professori. Tutti noi abbiamo commesso le nostre ragazzate.
Poi si dovrebbe crescere, e non solo anagraficamente. E certi errori, evidenziati con la magica rossa, non si dovrebbero più commettere.
Quando si è adulti la penna rossa dovrebbe sparire. A meno che non sei un Vip o un atleta. Come Alex Schwazer. Campione olimpico a Pechino di marcia.
Un eroe nazionale quattro anni fa.
Nessuno si è dimenticato di lui. Soprattutto i frequentatori quotidiani televisivi, "ciao, sono Alex Schwazer, campione olimpico di marcia..".
E tutti per quattro anni si sono ricordati di Alex.
Forse era più conosciuto per lo spot che per lo sport. Senza sapere che "quando non mi alleno..." non esiste.
Una vita di allenamenti a rincorrere un primo posto, una medaglia d'oro. Ottenuta a Pechino ma da confermare. Perché poi l'Italia gli avrebbe riservato lo stesso trattamento che ha avuto nei confronti dei vari Magnini, Pellegrini e Cagnotto.
Qualcuno l'ha chiamata "induzione al doping".
Ed ecco rispuntare la penna rossa. No, non solo rossa. Anche bianca e verde. La penna italiana che sottolinea gli errori di chi psicologicamente non ce la fa e cede a queste sciocchezze. Di chi sbaglia e sa chiedere scusa. Ma non di chi viene arrestato in quanto ndraghetista (vedi in Calabria dove la gente è scesa in strada per impedire l'arresto di un boss, oggi).
Perché altro non è. E' un errore, certo. E' giusto che sconti la sua pena sportiva. Ma l'Italia l'ha insultato per l'uso di doping, l'avrebbe fatto anche se non fosse salito sul podio.
L'Italia, Paese di santi, poeti e navigatori. Ma anche di professori (convinti), patrioti (alle olimpiadi e ai tornei internazionali di calcio) e esaltatori della normalità (gli applausi riservati al sindaco Zedda perché lava la sua macchina).
L'Italia, conosciuta per il catenaccio ma che riserva un pressing altissimo a tutti. Ha vinto a Pechino e non il mondiale. E' il fidanzato della Kostner. 
Non voglio vedere un video su Youtube di Dezan che descrive Alex come fece con Marco Pantani. Anche lui atleta fenomenale ma persona fragile.
Questo è il trattamento per chi ogni giorno percorre 50 km aspettando l'Olimpiade. Un atleta fenomenale ma fragile. Questo è Alex e questi siamo noi. Un'Italia pronta a sottolineare con la penna rossa gli errori di altri ma che non si accorge dei propri errori. Una nazione fatta di sciacalli che aspettano il momento giusto per rubare palla al difensore zoppo e fare gol al portiere senza braccia. Noi la medaglia per l'umanità e la comprensione non la prenderemo mai, nemmeno sotto Epo.

Alex Schwazer. Due considerazioni.

Della conferenza stampa di Schwazer due sono le cose da notare. La prima è un segno del corpo: lo sfregamento spasmodico della testa tra le mani, tipico di quando si cerca una comprensione dagli altri (e per comprensione si intende completa del problema e soprattutto non semplice compassione verso il poveretto di turno) ma si capisce che da una platea di giornalisti assetati non la si potrà mai ottenere. La seconda è una frase che provo a riportare quasi testualmente: "Inizi a vincere da pulito, poi ti accorgi che non ce la fai a reggere e io non ce la facevo più". In questa semplice frase sono racchiusi tutte le discussioni, le lotte (vere e finte) antidoping a livello fisico e psicologico, anni di ricerche medico-farmaceutiche (orientate sia verso la manipolazione delle prestazioni sia al loro contrasto) e i drammi che vivono tutti gli sportivi: quando parti e vinci perchè sei il più forte tutti ti acclamano, poi pensano che devi continuare così per i prossimi dieci anni (se non di più). Ma un conto è arrivare all'apice di un allenamento e culminare con una bella vittoria e un conto è mantenersi su quei livelli altissimi e continuare ad allenarsi sempre più, senza fermarsi mai, senza poter prendere un caffè (i tanto biasimati ciclisti, ai tempi, nemmeno quello potevano concedersi), senza un momento per se stessi. Quando gli avversari ti contendono la gloria e il circo mediatico ti costringe a fare di tutto per non perderlo (appunto, di tutto), è inevitabile ricorrere a degli aiuti, anche se sei il più forte. Tutti gli atleti fanno questo ragionamento, quelli che appartengono al mondo dei campionissimi, quelli del mondo dei bravi atleti, quello dei semplici gregari, un mondo contro l'altro e tutti contro tutti all'interno del proprio mondo. E il sistema è lì, a caricare le persone che stanno davanti al televisore (senza sapere nemmeno cosa significhino ore e ore di allenamenti quotidiani) propinandogli che il 'nostro campione' di turno non può, non deve perdere. Poi però il sistema è lì anche quando, per non tradire quelle aspettative il campione lo spinge indirettamente a fare uso di sostanze illecite. Ma il sistema è lì anche dopo pronto a crocefiggere colui che ha portato in gloria perchè così si fa audience, e si va avanti. Quindi caro Schwazer hai fatto bene ha sfregarti la fronte disperato davanti a quella platea perchè purtroppo è lì solo per continuare a farti del male fin quando non le servirai più. Un applauso alla dignità di Schwazer che ha affrontato lo stesso tutto questo senza poter parlare apertamente, senza potersi aprire totalmente alla pubblica opinione, consapevole di essere l'ennesima vittima della caccia alle streghe. Il suo gesto di coraggio è l'unica cosa nuova di questo capitolo dell'eterna burlesque anti-doping. Quello che verrà riproposto ora è il solito finale con gli strali di Capodacqua, i "ci hai tradito" alla Cannavò (ops!), i "sì, bella recita commovente, ma non ci inganni, noi incastriamo i politici, figurati se ci impietosiamo per te" alla Travaglio, i "quando gli atleti vincevano puri" alla Pastonesi, i "cerchiamo di capire il tuo dramma, però hai sbagliato e noi non possiamo nulla" con voce rotta alla De Stefano e così via. Fino a che il poveretto sarà lasciato nell'oblio, la sua memoria infangata e si ricomincerà con qualcun altro.

Mattia Casula